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Come funziona un accordo transattivo tra cliente e fornitore al fine di eliminare potenziali controversie? Andiamo subito ad approfondire gli aspetti contabili e fiscali in merito


Per mezzo di un accordo transattivo, il cliente e il fornitore stipulano un’intesa atta ad evitare controversie, procedendo a stralciare parte del debito in capo al cliente in pegno del pagamento di una porzione residua di questo.

L’accordo transattivo dovuto ad impedimenti di natura economica del cliente rispecchia un accordo tra questo e il fornitore di riferimento, accordo che una volta strutturato e pattuito permette l’estinzione degli oneri debitori e dei diritti creditori, producendo una conseguenziale rilevazione in bilancio di una perdita su crediti lato fornitore e di una sopravvivenza attiva lato cliente. La perdita su crediti del fornitore risulta deducibile a livello fiscale ma solo in presenza di condizioni specifiche e peculiari.

L’ accordo transattivo

Può accadere che nei frangenti di difficoltà economica in senso lato, di mancanza di liquidità o in contesti imprevisti, i rapporti standard tra cliente e fornitore vengano meno, bloccandosi; in questo contesto particolare, il deterioramento di un tale rapporto sarà quindi dovuto non tanto ad una specifica volontà tra le parti ma semplicemente per difficoltà economiche del cliente.


Nello scenario suddetto, le parti coinvolte – cliente e fornitore – riescono spesso a generare un accordo con l’obiettivo di evitare il rischio di imbattersi in controversie di natura legale. Questa tipologia di accordo viene definito appunto accordo transattivo, disciplinato dall’articolo 1965 del codice civile, il quale recita che “la transazione è il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro”.

Rilevazioni contabili


L’accordo transattivo va a perfezionarsi tramite il pagamento della cifra pattuita, la quale definirà l’intera operazione come conclusa ed archiviata in maniera definitiva sia per il cliente che per il fornitore. In coda all’estinzione della cifra suddetta, fornitore e cliente potranno effettuare lo stralcio dei propri bilanci – rispettivamente di credito e di debito – procedendo con la rilevazione contabile circa la differenza tra valore nominale e valore concordato dall’accordo. Rispetto al cliente, l’operazione implicherà la conclusione di un iter debitorio ad un valore inferiore rispetto a quanto previsto in precedenza, con conseguenziale rilevazione di una sopravvivenza attiva rispetto ad una cifra pari alla differenza tra valore nominale e valore corrisposto e realmente pagato.

Per il fornitore invece questo comporterà la chiusura di un percorso contabile di natura creditoria e ad un valore di realizzo minore rispetto a quanto iscritto nel proprio bilancio. In questo contesto però, per una congrua classificazione della rilevazione in capo alla differenza tra valore nominale e valore di realizzo, occorrerà effettuare una valutazione maggiormente articolata relativamente all’entità dell’operazione, la quale avrà anche delle subordinazioni di ordine fiscale.

Con l’obiettivo di rilevare in maniera pertinente questa differenza contabile, risulta fondamentale attenzionare le ragioni che hanno condotto all’accordo transattivo; una riduzione volontaria e consapevole – lato fornitore – circa il valore del credito per via di difficoltà economiche del cliente produrrà una perdita su crediti. Una riduzione simile dovuta a motivazioni diverse invece (come ad esempio la contestazione di una particolare fornitura) implicherà una sopravvivenza passiva. Questa differenza è stata precisata dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n.26/E del 01/08/2013.

Inquadramento fiscale


Se il tema appare semplice e lineare sotto un’ottica civilistica, questo naturalmente diventa complesso quando viene analizzato da un punto di vista fiscale. Rispetto al cliente, questo ha rilevato una sopravvivenza attiva la quale – stando all’articolo 88 del TUIR – si configura imponibile quale elemento positivo di reddito registrabile come insussistenza di passività iscritta in bilancio in relazione ad esercizi precedenti.

Riguardo al fornitore invece la deducibilità della perdita su crediti da rilevare in un quadro di accordo transattivo dovuto a difficoltà economiche del cliente, non può essere data per certa e assodata a priori ma sarà oggetto di accurata analisi valutativa.


La normativa fiscale dedicata alle perdite su crediti è inclusa nell’articolo 101 comma 5 del TUIR, a cui l’Agenzia delle Entrate ha destinato una lunga trattazione esplicativa tramite Circolare n.26/E del 01/08/2013.

In base all’articolo 101 comma 5 del TUIR, il focus della questione fiscale poggia sul principio secondo cui “le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi” e stando quindi all’Agenzia delle Entrate, l’individuazione peculiare di fattori precisi rappresenta proprio la base certa per un’eventuale deducibilità delle perdite su crediti.

Vien da sè perciò che, su assunto normativo, la deducibilità della perdita appare strettamente intrecciata con un principio di definitività specifico.

Un accordo transattivo dato da difficoltà economica del cliente, sviluppato per iscritto e sancito dal pagamento della somma stabilita, dovrebbe essere quindi considerato quale atto definitivo. A confermarlo è la stessa Agenzia delle Entrate con Circolare n.26/E del 01/08/2013, dettagliando che “si ritiene che [tra] gli atti realizzativi idonei a produrre una perdita assoggettabile all’articolo 101, comma 5, del TUIR […] [ci sia la] transazione con il debitore che comporta la riduzione definitiva del debito o degli interessi originariamente stabiliti quando motivata dalle difficoltà finanziarie del debitore stesso”.

La Circolare prosegue

Ma l’Agenzia delle Entrate, nel proseguo della stessa Circolare, approfondisce che “con riguardo all’ipotesi di transazione con il debitore, si ritengono verificate le condizioni di deducibilità ai sensi dell’articolo 101, comma5, del TUIR quando il creditore e il debitore non sono parte dello stesso gruppo e la difficoltà finanziaria del debitore risulta documentata (ad esempio, dall’istanza di ristrutturazione presentata dal debitore oppure dalla presenza di debiti insoluti anche verso terzi)”.

Rispetto le perdite su crediti legate a cifre modeste, il legislatore alla fine del comma 5 dell’articolo 101 del TUIR non lascia scampo a dubbi eventuali recitando che “gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia trascorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione […] e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese”.

Quindi sintetizzando, possiamo dedurre che le perdite su crediti da accordo transattivo dovuto a difficoltà economiche del cliente appaiono deducibili per il fornitore se sono di importo modesto e se la difficoltà lato debitore risulta documentata rispetto agli importi con cifre maggiori.

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